A. Schopenhauer – La saggezza della vita

Dici Schopenhauer e automaticamente pensi: pessimista, nichilista, pesantezza.
E invece questo libro è uno splendido inno all’indipendenza, uno sprone verso la ricerca delle proprie peculiarità interiori, un incitamento al loro sviluppo, senza curarsi delle opinioni del mondo esterno. Qui il filosofo, in linea con le idee dell’opera principale, spregia ogni futile ricerca del piacere fine a sè stesso, in quanto necessariamente legato alla sofferenza (come due facce della stessa medaglia), e indica la via per la saggezza e la serenità: coltivare ed esprimere le nostre potenzialità come singolo ed irripetibile essere umano, abbandonare l’egoismo dei piaceri materiali per aprirsi il più possibile alla bellezza e all’altro, lottare contro la corrente meschina della società per divenire un essere libero e completo nonostante il dolore e la solitudine, conoscere sè stessi.

Perchè alla fine, quando saremo vecchi, forse davvero non conterà il numero di smartphone e di partner che abbiamo avuto, il numero di concerti ascoltati e viaggi turistici realizzati, ma che tipo di persone saremo diventate e che cosa saremo stati capaci di donare agli altri e al mondo (anche se non si meritano un cax).

Caposaldo della filosofia di Schopenhauer è l’indipendenza, la radicale autonomia. La salvezza, identificata con la serenità d’animo, si può raggiungere solo cercando quel qualcosa dentro di sè, in silenzio:

“Ciò che un uomo è di per sè, ciò che lo assiste nei momenti di solitudine, e che nessuno potrebbe dargli o toglierli, è evidentemente più essenziale per lui di tutto quello che egli può possedere materialmente o che può avere importanza agli occhi altrui”

E ancora, attivare qual processo di autoconoscenza che può portarci alla liberazione:

“L’unica cosa che possiamo fare è di impiegare la personalità, così come ci è stata donata, a nostro maggior profitto; ciò significa coltivare unicamente le aspirazioni che le si confanno, seguire l’evoluzione naturale che le è appropiata, evitandone qualunque altra, e scegliere quindi lo stato, l’occupazione e il genere di vita che più le convengono”.

Perchè non esiste nient’altro di vero, il piacere tanto agognato non è altro che una rosa avvizzata sul petto della vita:

“Quello che turba e rende infelici gli ultimi anni della giovinezza, questa prima metà della vita così bella rispetto a quella matura, è la caccia alla felicità intrapresa nell’assoluta convinzione che essa esista realmente in questa vita. Ma questa speranza rimane sempre delusa generando a sua volta lo scontento”.

E ancora:

“Se dunque la prima metà della vita è caratterizzata da un’aspirazione insaziabile alla felicità, l’altra metà è determinata dal timore della sventura. A quel punto infatti si è arrivati ormai a capire che ogni bene è chimerico e ogni dolore, invece, è reale e gli uomini, o almeno, quelli di buon senso, non cercano più il piacere ma semplicemente uno stato libero dai dolori e dalle inquietudini”.

A conti fatti tutto sta nel capire e accettare la prima nobile verità: che la vita è sofferenza. Poi seguire i consigli del filosofo per tenerla alla larga.

Lascia un commento